L’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori – chiamati, in forza di esso, a perseguire una comune linea educativa e a dividersi responsabilmente i compiti formativi – non impone una ripartizione paritaria e perfettamente simmetrica dei tempi di permanenza del figlio presso ciascuno dei genitori, né comporta una convivenza del primo con i secondi a periodi rigidamente alternati, avendo la prole bisogno, specialmente nei primi anni di vita e fino alla prima età adolescenziale, di un habitat preferenziale risultante dell’integrazione di un ambiente domestico, di relazioni personali e di abitudini comportamentali, idoneo a costituire un contesto di riferimento stabile.
Ai fini dell’affido esclusivo della prole, il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice di diritto della famiglia è costituito dall’esclusivo interesse morale a materiale della prole, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l’apprezzamento della personalità del genitore.
L’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore.
Cassazione Civile, Sez. VI, n. 14728 del 19 luglio 2016
Cassazione Civile, Sez. I, n. 16593 del 18 giugno 2008